Leggenda del Re Artù e l'Etna


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L'Etna è legata al Re Artù da una versione siculo normanna del mito, tramandata grazie alla tradizione del teatro dei pupi siciliano.
Nella versione sicula della leggenda, nel corso della sua ultima battaglia, Re Artù, ferito mortalmente da Mordred, invece di ordinare a Lancillotto di gettare la sua spada Excalibur nel lago, come accade nella versione anglosassone della leggenda, il sovrano decide di riparare la sua spada. Condotto sul vulcano Etna dalla sorella Morgana, il re, grazie al magma incandescente, saldò i due tronconi della spada fatta a pezzi durante il duello. Stanco e sereno, Artù si addormentò e al suo risveglio scoprì di trovarsi immerso in un paesaggio meraviglioso. Innamoratosi dell’Etna e della terra che si estendeva ai suoi piedi, Artù pregò Dio perché lo lasciasse vivere ancora un po’, così da poter godere della bellezza di quel posto. Le sue preghiere furono ascoltate. Con l’aiuto della sorella Morgana, Artù costruì una splendida reggia all’interno del cratere centrale del Vulcano. Si narra che ancora oggi egli abiti all’intero della sua reggia e si aggiri per i sentieri dell’Etna, da cui si allontana soltanto per portare frutti e fiori siculi in dono ai bambini inglesi. Durante le sue assenze il Vulcano ne approfitta per manifestare tutta la sua potenza, sputando lapilli e cenere su Catania, per poi rasserenarsi al ritorno di Artù.
Si narra che anche l’astuta fata Morgana decise di fissare la sua dimora in Sicilia edificando un castello di cristallo nelle profondità marine dello Stretto di Messina.

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