Cave di Tufo a Favignana


Cave di Tufo a Favignana

Gino Plusio - CC3.0

 Maps

 Favignana (TP)

Le Cave di Tufo di Favignana si trovano nella parte nord-orientale dell’isola. Questa parte dell’isola ha un aspetto particolarmente suggestivo per la presenza di innumerevoli cave, grotte, sprofondamenti ed erosioni.
La pietra porosa estratta dalle cave, la Calcarenite, chiamata impropriamente tufo, è molto pregiata sia per la compattezza e grana fine, sia per il color bianco dovuto ad una particolare concentrazione di calcio. L’estrazione della pietra e la produzione di “cantuna”, ossia di conci di calcarenite a forma di parallelepipedo, hanno da sempre rappresentato una delle attività principali dell’isola di Favignana. Non si sa con esattezza a quando risalga lo sfruttamento del sottosuolo isolano, sembra sia un'attività connaturata con Favignana.
Il processo di estrazione della pietra e di produzione di “cantuna” prevedeva tre fasi.
La prima fase consisteva nella rimozione del cappellaccio, ossia il calcare di pietra dura, presente in superficie, che poteva raggiungere anche uno spessore di due metri.
La seconda fase prevedeva il lavoro di estrazione del tufo in conci già perfettamente squadrati e di dimensioni prestabilite. Gli strumenti utilizzati per questa fase erano la " mannara ", una sorta di piccozza dal taglio largo che veniva utilizzata per tracciare ed, in seguito, approfondire nella roccia i contorni del concio; lo " zappune " e il " piccune ", strumenti con i quali il blocco veniva estirpato.
Infine vi era la fase di trasporto dei conci: le piste rocciose fuori delle cave presentano tutte i pesanti solchi lasciati dai carri, carichi di tufo, che arrancavano in salita per trasportare i conci fino a piccoli attracchi dove questi venivano caricati su imbarcazioni a vela.
Accadeva spesso che la roccia venisse attaccata lateralmente con gallerie dal livello del mare, con lo scopo di raggiungere più facilmente il materiale più profondo che era anche il più pregiato, evitando inoltre la rimozione dello strato superficiale più duro e facilitando la fase finale di trasporto in quanto i blocchi non dovevano più essere risaliti in superficie, ma solo trasportati fino all’ingresso della galleria dove vi erano gli attracchi per le barche che si occupavano del trasporto. In queste cave, man mano che i conci venivano estratti, l’estrazione continuava ad un livello superiore: nello stesso tufo si scavavano delle tacche cui aggrapparsi con mani e piedi al fine di raggiungere lo strato superiore. Naturalmente venivano lasciati grandi pilastri a sostegno delle volte rocciose che andavano formandosi. Si sono così venuti a creare delle costruzioni a “pileri”, sistemi di gallerie a più livelli. Fu così che generazioni di cavatori trascorrevano le loro giornate lavoro al buio, abbarbicati alla roccia, e trasportando a spalla milioni di conci verso le barche o i carri, senza l’ausilio di altri mezzi.
Questo accadde fino a quando le cave iniziarono ad risentire della crisi dovuta alla incapacità di adeguarsi alle mutate condizioni di mercato. La naturale collocazione geografica dei luoghi di estrazione, dava luogo ad ulteriori spese economiche che non permettevano agli isolani di avere prezzi concorrenziali rispetto, ad esempio, alle vicine cave di tufo di Marsala. Così le cave iniziarono ad essere chiuse, oggi è rimasta attiva un’unica cava con pochi dipendenti.

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